domenica 7 gennaio 2018

Errori comuni...

Spesso ci imbattiamo in discussioni riguardante la’arte Bianca dove si evincono castronerie condivise da molti operatori del settore...
Allora, giusto per chi ha piacere di riportare cose giuste quando parla ed evitare anche brutte figure e vuole esprimersi correttamente per non essere sottovalutati dal nostro interlocutore, vi svelo alcuni degli errori più riscontrati:

 “La farina 00 è raffinata“

La farina 00 è “setacciata” o tecnicamente “abburattata”. Ossia la farina 00, attraverso un processo di separazione assolutamente NATURALE è privata del tutto di parti quali, tegumenti, fibre, germe, ecc.
Questo procedimento, peraltro graduale, porta a dividere la farina in 5 tipologie, dalla più PURA (questo sarebbe il termine corretto da adoperare) alla meno pura. Dette tipologie sono: 00, 0, 1, 2 e Integrale.
Detta misura si ottiene attraverso il “Tasso di Abburattamento” che è la RESA effettiva in farina del grano macinato.
Il Tasso di abburattamento per tipologia di farina ottenuta è del 50% (ossia di 100 kg di grano restano 50 Kg di farina) per la 00, del 72% per la  0 (ossia 72 kg di farina finale), dell’80% per la 1 (80 kg di farina finale), 85% per la 2 (85 kg di farina finale), nessun abburattamento per la integrale della quale resta il 100% del chicco macinato.
La parola “raffinata” in tal senso origina da un espressione contrapposta a GREZZA ma non ne contempla un uso corretto in quanto la RAFFINAZIONE è un processo squisitamente CHIMICO che consente, con l’uso di agenti chimici esterni, la separazione di parti da una sostanza.
La Benzina è RAFFINATA rispetto al petrolio greggio (o se vi piace di più grezzo).
L’olio di sansa di olive è raffinato rispetto all’olio extravergine di oliva grazie all’impiego di solventi.

Quindi la frase corretta è: la farina 00 è setacciata, oppure abburattata, o ancora più, se proprio non riuscite a separarvi dal termine “raffinato”, dite fine.

domenica 20 settembre 2015

La lievitazione

La lievitazione, termine conosciuto ma utilizzato spesso a sproposito, è uno dei processi fondamentali per la riuscita di un buon impasto. Se volessimo semplificare il concetto, si potrebbe pensare all’amalgama di acqua e farina che si gonfia prima e durante la cottura rendendo la nostra Pizza leggera e piena di bolle. 

Più precisamente, dobbiamo immaginare un processo secondo cui i lieviti, cibandosi di zuccheri, si moltiplicano e producono gas, trattenuti dal glutine, ossia dalla struttura dell’impasto. I lieviti hanno un metabolismo che può variare sulla base di alcune condizioni:

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    la temperatura ambientale: con clima e ambiente caldi i lieviti corrono e lavorano a ritmo sostenuto, viceversa in ambiente freddo la loro attività risulta rallentata in modo più o meno consistente.
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    il tempo: varia sulla base della quantità di lievito utilizzata in ricetta ed è influenzato dalla temperatura e da altri fattori, che concorrono a velocizzare o rallentare il metabolismo delle cellule di lievito (ad esempio acqua e sale).
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    il sale: con la sua azione disinfettante, rallenta le cellule del lievito permettendo, con i giusti dosaggi, di controllarne parzialmente l’attività.
  • l’acqua: aiuta in parte ad accelerare le attività degli enzimi presenti nell’impasto che producendo zucchero aumentano l’attività dei lieviti

Ma la digeribilità di una pizza non è data da una corretta lievitazione come spesso si sente in giro, ma bensì da un altro importante processo: la maturazione.

Ma da cosa dipende una maturazione corretta dell’impasto? Dalla diversa forza– o quantità di glutine – che sviluppa una determinata farina e dal tempo di riposoche serve per far lavorare gli enzimi una volta concluso l’impasto. A seconda della farina utilizzata, si può lavorare un impasto a temperatura ambiente sia in inverno che in estate, basta dosare attentamente lievito e sale. Questo accade ad esempio nella pizza napoletana standard che viene fatta riposare a temperatura ambiente dalle 8 alle 12 ore e utilizza farine di media forza.


Se invece dovessimo preparare una pizza in teglia, realizzata quindi con farine di forza superiore, il riposo a temperatura ambiente sarebbe impossibile a causa della grande quantità di acqua necessaria per la riuscita di questo impasto. In questo caso ci vengono in aiuto le celle frigorifere, o più semplicemente, il nostro frigo. Il freddo rallenta il lavoro dei lieviti fino al minimo necessario agli enzimi per continuare la loro attività e far maturare l’impasto completamente. La permanenza al freddo deve essere direttamente rapportata alla forza della farina utilizzata e alle dosi degli ingredienti (acqua, lievito, sale). Alcuni impasti possono impiegare anche molto tempo, fino a 96 ore in cella frigorifera.

In conclusione: ogni impasto andrebbe progettato dosando il lievito e calibrando la ricetta con modalità e tempi di lavorazione e riposo giusti al fine di permettere alla maturazione di avvenire correttamente.





domenica 13 settembre 2015

LA PIZZA NELLA CULTURA ALIMENTARE ITALIANA

ALCUNE OSSERVAZIONI SUL VISSUTO DELLA PIZZA NELLA CULTURA ALIMENTARE ITALIANA

Questa recente ricerca sottolinea principalmente la cultura culinaria e gli aspetti umani sul consumo della pizza in Italia
ALCUNE OSSERVAZIONI SUL VISSUTO DELLA PIZZA NELLA CULTURA ALIMENTARE ITALIANA
(titolo della ricerca ACNielsen - Dr. Daniele Tirelli)
 
Questo recentissimo studio condotto dalla società leader nella ricerca di mercato e reso noto nel novembre 2000, mette in luce l’aspetto più culturale, gastronomico e umano del consumo della pizza in Italia, fornendoci perciò, oltre ai dati di mercato più tecnici lo spaccato del costume alimentare degli italiani del Terzo Millennio, dal quale, ancora una volta, la pizza emerge come piatto preferito.
La pizza infatti si trova al primo posto nella classifica dei primi piatti, seguita dalle lasagne, dai tortellini, dai risotti, dagli spaghetti (che si trovano addirittura al quinto posto) e anche nella lista dei secondi piatti la pizza è in cima, seguita dalle grigliate di carne, dai formaggi, dagli arrosti di vitello e di maiale.
Da questa indagine è emerso l’amore degli italiani per il nuovo anche in cucina, registrando sì le preferenze della cucina tailandese o vietnamita, di quella argentina o brasiliana, e ancora di quella cinese o araba; ma ai primi posti resistono le cucine tipiche regionali, l’emiliana-romagnola e la toscana seguite da quella francese, dalla ligure, dalla pugliese. Sempre comunque si ritrova però anche la pizza nella sua veste di specialità regionale che accampa diffusissima nel menù di ogni locale.
ALCUNI NUMERI
L’82% dei giovani tra i 14 ed i 24 anni di età rappresentano l’avventore-tipo delle pizzerie.
Il 61,8% della popolazione è la media nazionale della frequentazione di pizzerie.
Il 77% è la media nazionale di persone che preferiscono variare la pizza a proprio piacimento o che prediligono le pizzerie con tante scelte diverse.
Per l’82% della popolazione, invece, il peccato di gola che regala felicità a tavola è proprio la PIZZA!
La pizza surgelata più diffusa (e più venduta) è la Margherita (63,4%) seguita dalla Capricciosa (6,2%) e dalla Vegetariana (2,6 %).
PREFERENZE E ABITUDINI
Quando gli italiani vanno di più in pizzeria?
Durante il week-end si verifica il "fenomeno", con turni doppi e tripli al tavolo e code chilometriche per l’asporto.
Il 35% di frequenza in pizzeria avviene di sabato, il 25% il venerdì e il 16% la domenica. Solo il 7% al lunedì (uno dei giorni di chiusura più diffuso dei locali).
Anche durante l’anno, in base alle stagioni, gli italiani esternano le loro preferenze, anche se c’è una più equa distribuzione nei mesi, in Agosto c’è il picco massimo con il 18% di frequentazione, seguito dal 14% in giugno e il 16% in luglio. In definitiva primavera ed estate conciliano le "pizzate".
Naturalmente la pizza si consuma più a cena (72%) che a pranzo (18%)
Si consuma più pizza al tavolo (75%) che d'asporto (25%).
Leggero il divario tra consumatore donna (53%) e uomo (47%).
La spesa media pro-capite per una pizza al taglio, oggi, è di circa lire 8/10.000
La spesa media pro-capite per una pizza tradizionale (compreso coperto) è circa 20.000
COSA SI BEVE CON LA PIZZA ?
Il 50% delle persone abbinano alla pizza la birra, il 30% con la pizza beve cola, il 10% il vino, il 10% altro ancora.
PIZZA-HIT
Prima assoluta capolista nelle preferenze di chi mangia pizza è la "Margherita".
Seconda invece è la "Napoletana".
Terza la "Capricciosa".
Quarta la "Marinara".
Quinta la "Quattro Stagioni".
Al sesto posto la "Pescatora".
Al settimo "Prosciutto e funghi".
All’ottavo la pizza "Specialità del locale".
Al nono posto c’è la "Pugliese".
Al decimo la pizza "Dessert" (alla frutta o alla crema)

PIZZA: ETIMOLOGIA DEL NOME

PIZZA: ETIMOLOGIA DEL NOME

Da quale parola deriva il termine PIZZA?
Dalla parola latina PULS (pappa, pappina) deriva la parola italiana "polenta o polentina"; le polentine o puntes erano il cibo di tutte le antiche popolazioni italiche, come lo erano state per gli uomini della preistoria, ed è da questa poltiglia impastata e cotta che deriva la nostra pizza. Il termine PIZZA deriverebbe da PINSA, participio passato del verbo latino PINSERE, che significa pestare, schiacciare, pigiare, frantumare, macinare, ridurre in poltiglia.
Presso i Romani la pizza, o schiacciata, era chiamata con diversi nomi:
Laganum (Orazio e Apicio)
Tractum (Catone)
Placenta (Catone e Orazio)
Libum (Catone)
Moretum (Virgilio e Apicio)
Picea (Orazio)
Dal latino:
Puls (pappa, pappina)
Pultes (polentina)
Pinsere (pestare, schiacciare)
Pinsa (schiacciata)
Dal greco:
Pitta (pece)
Picea (peciata)
Pincea
Pinsa
Piza
Pizza
Pizza pertanto potrebbe anche significare schiacciata di farina, ma nei dizionari troviamo molti sinonimi: crostata, offa, piccia, stiacciata, schiacciata, sfogliata, focaccia.

LA PIZZA PIÙ LUNGA DEL MONDO

LA PIZZA PIÙ LUNGA DEL MONDO MISURA 1.595,45 METRI

All'Expò di Milano 60 pizzaioli stracciano il record precedente. Pizza.it School rappresentata da Mario Raschini
La pizza, realizzata a Expo, è lunga 1.595,45 metri e pesa circa 5 tonnellate.
L’iniziativa ha ottenuto il Patrocinio dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed è stato presentato proprio da Maurizio Martina, dal Sottosegretario del Ministero dell’Economia e Presidente dell’Associazione “Settimana mondiale del Pomodoro” Paola De Micheli e dal Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 Giuseppe Sala.
L’evento è organizzato da La Pizza +1, azienda piacentina leader italiana nella produzione di pizze fresche per la grande distribuzione, e da NIPfood.
Il primato, certificato dal giudice dei Guinness World Records, Lorenzo Veltri, ha soddisfatto tutti i criteri previsti dal regolamento dei Guinness: senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine, calda a 80 gradi e condita con gli stessi ingredienti (farina, pomodoro, mozzarella) lungo tutta la sua lunghezza.
Circa 300 metri sono andati in beneficenza ai profughi ospitati dalla Stazione Centrale di Milano attraverso il Banco Alimentare, il resto sarà distribuito gratuitamente ai visitatori di Expo.

La preparazione ha richiesto l’impiego di cinque speciali forni «mobili», e l'utilizzo di 2 tonnellate di farina, 1 tonnellata di salsa di pomodoro e 1,5 tonnellate di mozzarella, utilizzando solo prodotti made in Italy. I pizzaioli hanno steso in diretta l’impasto preparato su 2000 teglie.



All'evento non poteva mancare il docente di Pizza.it School Giammario Raschini, che, pur stanco, non nasconde la grande soddisfazione per aver contribuito a riportare in record in Italia.

UNA PIZZA E UNA BIRRA: IL SABATO SERA CAMBIA MENU

UNA PIZZA E UNA BIRRA: IL SABATO SERA CAMBIA MENU

Aumenti record e nuove tendenze stravolgono le abitudini alimentari
Non è lo Spaghetti Incident dei Guns N’ Roses ma un vero e proprio gioco al rialzo di cui sono stati protagonisti pasta e pizza nell’ultimo periodo. In particolare nelle pizzerie i menu standard composti da pizza, un fritto e una birra hanno subito un rincaro del 4,5% rispetto all’anno scorso. Margherita e focaccia in testa alla classifica delle pizze che si sono fatte più costose stando all’ultima indagine dell’Adoc (Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori); addirittura la focaccia sarebbe aumentata del 13,3%. Ma anche birra e fritti come si diceva fanno sentire il loro “peso” all’interno di un’inflazione reale che si aggira intorno al 6%. Quindi bere costa il 3,5% in più e consumare uno sfizio come antipasto il 4,7%. Se si fa invece il rapporto rispetto al vecchio conto in lire si scoprono dati davvero allarmanti: la margherita sarebbe aumentata del 103% ed un supplìcirca del 96%.
Dunque, mentre le aziende produttrici di pasta vengono redarguite sugli aumenti registrati nella vendita al dettaglio nonostante il calo del prezzo del grano, ci si chiede se la pizza non stia divenendo sempre più un bene di lusso e sempre meno l’ottima alternativa al ristorante che è sempre stata. Ma la categoria può stare tranquilla: in pizzeria ci vanno il 2% in più dei clienti rispetto al 2007 proprio per l’ormai assodata inaccessibilità dei ristoranti alle fasce medio basse. E già il linguaggio sta registrando queste lente trasformazioni. I vecchi “due spaghi” scompaiono o si tipizzano in macchiette alla Alberto Sordi mentre sgomita la new entry: l' happy hour molto in voga tra le nuove generazioni soprattutto perché considerato un economico e sfizioso sostituto della cena vera e propria. In linea con i ritmi di vita più frenetici? No…semplicemente con i prezzi impazziti. 

GLI ITALIANI NON RINUNCIANO ALLA PIZZA

GLI ITALIANI NON RINUNCIANO ALLA PIZZA

Stando ad uno studio effettuato da Adnkronos, cambia la sua modalità di consumo, ma l'italiano non rinuncia alla pizza!
Anche se si risente della crisi il popolo italiano non dice no ad uno dei prodotti gastronomici simbolo del made in Italy, ma, invece del servizio ristorante, scelgono la modalità asporto.
Lo confermano i dati dello scatolificio Martinelli di Somma Vesuviana, che da poco, insieme ad altri partner, ha fondato l'Associazione Porta pizza sicuro.
Le vendite, spiega uno dei soci titolare dell'azienda, sono aumentate del 15%.
La maggior parte della produzione è destinata al territorio nazionale, ma anche l'esportazione nei mercati esteri genera circa 500mila Euro di fatturato
Per lo Scatolificio, dunque, la crisi si è rivelata un'opportunità a conferma di come la pizza, nonostante i rincari, resti ancora un piatto accessibile!